Prima Parte: Il Mantra del Perdono: più intelligenti e adatti alla sopravvivenza
La risposta anatomica alla paura
La struttura anatomica, sviluppatasi in migliaia di anni con immensa saggezza, offre un leggero vantaggio alla paura rispetto alla speranza: infatti il collegamento con l’amigdala è diretto e immediato, mentre quello con l’ippocampo compie un giro a semicerchio che richiede frazioni di secondo in più per essere attivato. Questo perché nel dubbio interpretativo rispetto ad una situazione potenzialmente pericolosa, la natura ha saggiamente concluso che è sempre meglio scappare!
Una volta che il messaggio di paura è arrivato all’amigdala il gioco è fatto, il cervello primitivo prende il sopravvento e agisce in preda a emozioni e impulsi che ci accomunano all’uomo primitivo: reagisce alla situazione senza la capacità di attivare tutte le possibilità evolutive che porta con sé la corteccia prefrontale. In un tempo brevissimo migliaia di anni di evoluzione vengono spazzati via. Cosa serve perché invece dell’amigdala il messaggio arrivi all’ippocampo? Semplificando all’estremo il concetto, serve tempo: qualche frazione di secondo che permetta di recuperare dal serbatoio della speranza una qualche esperienza simile che dia al nostro cervello la percezione che la situazione, anche se non è sotto controllo, non è comunque pericolosa. E qui entra in gioco in Mantra del Perdono.
Quante volte ti è capitato di scambiare un bastone lungo un sentiero di campagna per un serpente e sobbalzare all’indietro ma a un più attento sguardo hai compreso che non c’era nessun pericolo? Quante volte un’ombra notturna ti ha spaventato per un attimo ma poi ti sei reso conto che era solo uno strano profilo nel buio? Secondi che servono per mettere a fuoco una situazione “incerta” che poi si rivela innocua. Inoltre, più vivi nella paura e attivi il tuo collegamento con l’amigdala, più questo diventa veloce ed immediato restringendo la tue possibilità di vedere esattamente se ciò che ti sta di fronte è veramente pericoloso o no. Non viviamo più nella foresta, non lottiamo quotidianamente con bestie feroci eppure siamo continuamente spaventati e impauriti da situazioni che il nostro cervello percepisce come pericolose, il capo ufficio arrabbiato, la paura di perdere il lavoro, la preoccupazione per i nostri cari, ecc.
Ma cosa c’entra in tutto questo il “Mantra del Perdono?” La formula Uno nell’Uno della Scuola Internazionale del Perdono (International School of Forgiveness di Daniel Lumera) ha vari utilizzi. Uno fra questi, quello di calmare e liberare la mente (dal sanscrito manas e tra = proteggere o liberare la mente). In questo modo i mantra sono stati recitati per millenni nelle varie tradizioni indiane. Il mantra è molto semplice e recita “Mi Perdono Ti Perdono, Mi Libero Ti Libero, Mi Amo Ti Amo, Grazie, Uno nell’Uno, Uno nella Pace, Uno nella Luce” .
La formula può essere usata anche come “pronto soccorso” nei momenti di difficoltà, quando ci si sente agitati, impauriti, quando una situazione non è andata per il verso giusto, quando si accende un conflitto con un’altra persona. Basta ripeterla per dieci minuti e presto diventa un’abitudine che permette di non diventare subito preda delle emozioni del cervello di sopravvivenza ma di iniziare a recitare… E mentre reciti il Mantra del Perdono guadagni tempo prezioso e invece di lasciare che la paura inneschi il collegamento più breve con l’amigdala lasci spazio all’ippocampo, alla speranza, alla ricerca di una qualche situazione simile in cui alla fine le cose si sono accomodate; e le situazioni si accomodano molto più spesso di quanto ricordiamo quando siamo spaventati.
L’ippocampo non innesca la reazione di attacco o fuga e lascia intatto il collegamento con la tua neocorteccia. Puoi accedere a tutta la tua intelligenza e a tutti quei comportamenti basati sul problem solving che ti permettono di affrontare situazioni nuove con creatività ed empatia. Recitare il Mantra del Perdono rende così più intelligenti e in grado di affrontare le difficoltà che immancabilmente la vita presenta, con tutta la potenza dei nostri tre cervelli integrati.
Elena Bianchi
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